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Nel video, l’allenatore introduce con entusiasmo il tema della costruzione della difesa per le squadre giovanili, evidenziando quanto sia fondamentale rispettare una progressione didattica coerente per far sì che i ragazzi apprendano e migliorino in modo organico. Viene sottolineata l’importanza di rimanere curiosi e empatici nel ruolo di allenatore, poiché si lavora con esseri umani, non solo con “giocatori”.
Dalle prime battute, l’allenatore rimarca la necessità di essere allenatori curiosi e di non smettere mai di studiare. La pallacanestro evolve e, soprattutto, i giocatori sono esseri umani: di conseguenza, l’aggiornamento costante e la ricerca di nuove idee sono il motore che ci fa migliorare.
Un secondo elemento chiave è l’empatia. L’allenatore ribadisce che non esiste il ragazzo “senza voglia”, bensì esistono approcci poco centrati sui bisogni reali. Se un giocatore partecipa agli allenamenti con costanza, significa che ha un interesse di base; starà all’allenatore trovare la leva per farlo esprimere al meglio.
“Allenare significa dare forza ai giocatori, sia tecnicamente che mentalmente. Non si allena soltanto il gesto, ma la persona nel suo insieme.”
L’allenatore ricorda come nei settori giovanili l’obiettivo principale sia formare giocatori. Spesso, si cade nell’equivoco di porre al centro “l’allenatore” o di puntare tutto sulla “vittoria di squadra”. In realtà, il giocatore è al centro del percorso, e l’allenatore diventa “strumento” per far emergere e potenziare le qualità individuali.
Si cita anche il concetto per cui “un allenatore giovanile si valuta dai giocatori che forma, più che dai trofei vinti”. Vincere può essere un obiettivo secondario, ma la crescita del singolo e del collettivo, soprattutto a 14-16 anni, rimane la priorità.
Di conseguenza, è necessario che il percorso formativo sia coerente: se si allena un Under 14, gli obiettivi didattici difensivi devono riflettere il suo livello di crescita fisica e tecnica, senza anticipare meccanismi o strategie eccessivamente avanzate. Ogni step deve consolidare le basi e preparare a quello successivo.
Il cuore della lezione riguarda la progressione nell’insegnamento della difesa. I ragazzi che escono dal Minibasket iniziano a focalizzarsi su principi difensivi di base, poi gradualmente si introducono le prime collaborazioni (aiuto e recupero, finta d’aiuto, ecc.), passando alle rotazioni più complesse e, infine, alla difesa sui blocchi (sia lontano dalla palla che pick and roll).
Secondo l’allenatore, il lavoro va suddiviso in step, ciascuno dei quali corrisponde a un livello più avanzato del precedente: scivolamenti e corsa con contatto, poi aiuto, poi anticipo, poi difesa sui blocchi semplici e così via, fino alla difesa sul pick and roll e a strategie difensive più “senior”.
“Non posso insegnare il pick and roll a chi non sa ancora tenere l’1 contro 1. La difesa si costruisce per tappe, in coerenza col percorso formativo e con l’età del ragazzo.”
Un aspetto rilevante è l’equilibrio tra l’analisi del dettaglio e la globalità. Se ci si concentra solo sul “pezzo” (es. la rotazione su un penetra-e-scarica in angolo “impossibile”), si rischia di allenare situazioni che non si verificano in partita. Viceversa, se si allena solo 5 contro 5 globale, è difficile correggere i singoli errori tecnici.
Serve quindi una didattica “a spirale”, dove si parte dal contesto reale, si isola il dettaglio da migliorare e poi lo si riporta al contesto. Questo evita esercizi inutili e rende l’allenamento sempre funzionale alla crescita del giocatore.
L’allenatore fa diversi esempi concreti di esercizi e situazioni da proporre, per lavorare su:
Tutte queste situazioni sono utili per solidificare i fondamentali prima di introdurre collaborazioni o strategie più avanzate.
Una volta solidificata la difesa 1 contro 1 e le prime collaborazioni (aiuto, cambio, rotazioni), si può passare alla difesa sui blocchi. Prima quelli lontano dalla palla (stagger, blocco del bloccante), poi i blocchi sulla palla (pick and roll).
Qui l’allenatore ricorda che per difendere sui blocchi servono:
Tutto questo va allenato con esercizi 2 contro 2, poi 3 contro 3, infine 4 contro 4 o 5 contro 5, aumentando la complessità e le variabili (come la posizione della palla o la velocità del passaggio).
In un passaggio successivo, l’allenatore parla delle strategie difensive più articolate (show, contenimento, cambio sistematico, ecc.), evidenziando come ogni scelta richieda coerenza con il lavoro svolto nelle fasi precedenti: se il difensore del portatore di palla non ha i fondamentali per inseguire correttamente, uno “show” aggressivo può saltare. L’azione difensiva, insomma, è una catena di letture e competenze.
A tal proposito, viene spiegato che anche la difesa a zona (o adattamenti tipo 1-3-1 che diventa 2-3 in angolo) rientra in una logica di strategia. L’allenatore consiglia di usare video e spezzoni di partite per far capire ai giocatori come e quando certe scelte difensive vengono applicate e con quali obiettivi.
Uno dei temi più sentiti è la motivazione dei ragazzi. Non sono “vuoti” o “svogliati”, spesso hanno paura di sbagliare o di esporsi. L’allenatore, in questi casi, deve essere la figura che li spinge, li incoraggia a tentare e li aiuta ad affrontare gli errori come parte del percorso.
Si parla di empatia, di rapporti umani e della necessità di comunicare in modo efficace, evitando di creare “dipendenza” dalla voce del coach. L’obiettivo è costruire giocatori autonomi, capaci di leggere da soli la situazione e di reagire prontamente in campo.
L’allenatore spiega che ogni categoria (Under 13, 14, 15, ecc.) ha i suoi obiettivi di apprendimento, e che non bisogna “stravolgere” il percorso formativo per inseguire la vittoria di una singola partita. Se si vuole far crescere un difensore in modo completo, occorre allenarlo con costanza ai fondamentali, rinunciando, a volte, a soluzioni strategiche troppo anticipate.
Questa coerenza si traduce, ad esempio, nell’evitare di introdurre sofisticate difese sul pick and roll se un ragazzo sta ancora imparando a difendere 1 contro 1 e a fare i closeout correttamente. In sostanza, la programmazione annuale deve accompagnare lo sviluppo graduale dei giocatori.
Sul finire, l’allenatore ricorda uno dei momenti più belli della sua carriera: vedere giovani cresciuti nel suo settore giovanile approdare in Nazionale. È il traguardo che riassume il vero senso di un percorso coerente, fatto di pazienza, lavoro tecnico e crescita umana.
Ancora una volta, si ribadisce come l’allenatore giovanile debba avere in mente questi “sogni” di crescita per i ragazzi, e che tali sogni diventano reali solo con costanza, empatia e un metodo didattico graduale.
Tratto dal video La progressione didattica nella costruzione di una difesa a livello giovanile
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